TEN “Babylon” (2000
Now & Then/Frontiers Records)
Gary Hughes è un
singer/songwriter di grande talento all’interno della scena AOR/Melodic
Hard-Rock e lo dimostrano sia i molti degli albums pubblicati come Ten(in
particolare,oltre a”Babylon”,gli epici”The Name of the Rose”,”The Robe”& ”Spellbound”)che
come Gary Hughes(in particolare il soft”Precious Ones”e la Rock Opera”Once
& Future King”parte I & parte
II, incentrata su Re Artù & i Cavalieri della Tavola Rotonda).Diplomatosi
al prestigioso Royal Northen College of Music di Manchester,il nostro ha
iniziato da solista sul finire degli eightes riscuotendo un discreto successo e
vantandosi il titolo di nuovo Paul Rodgers dell’Hard inglese.Poi con il debutto
omonimo dei Ten ha dato il via ad una lunga saga di albums epici,melodici &
pomposi alla Magnum con venature a tratti più Hard e fortemente AOR non lontane
dai migliori Bad English,componendo albums anche per lo stesso Bob Catley(il
migliore è stato senz’altro”The Tower”)e per il talentuosissimo singer
americano Hugo Valenti(bellissimo l’omonimo album in cui suonano tutti i Ten
dell’epoca). Nel primo anno del nuovo millennio per il quarto album della
band,il nostro decide di fare le cose in grande,componendo un ambizioso concept
album(cosa assai rara nella scena AOR & Hard/Heavy-Rock)ispirato vagamente
a “Blade Runner”nelle atmosfere notturne & dark, chiamando tra l’altro alla
sua corte il valente session-man e oggi in forza ai grandi Deep Purple,Don
Airey.Con una formazione a sei e con il supporto di una volenterosa e ormai
lanciata Frontiers Records(insieme all’etichetta inglese Now & Ten di Mark
Ashton,autore anni prima di un notevole e unico disco solista di gran valore)per la quale i nostri incisero il
disco numero 1,ossia il memorabile doppio live”Never Say Goodbye”,”Babylon”(che
vede al banco del mix tra gli altri Chris Boldenthal dei metallers teutonici
Grave Digger)appare subito come un album perfetto,capace di accontentare sia
gli amanti del Metal più melodico e arioso,sia i fans di vecchia data dell’AOR
& del Melodic Hard-Rock vogliosi di nuove idee per rinvigorire un genere
che ha attraversato i nineties non senza sofferenza a causa del nemico mortale
chiamato Grunge. L’opener e lunga
“The Stranger”(cliché della band sfruttato a lungo e con successo,ossia aprire l’album con una
brano epico e più articolato)è il miglior biglietto da visita per introdurci al
mondo post-apocalittico che ai fans italiani può far venire in mente un fumetto
cult come Nathan Never(anche per via della splendida cover in pieno
science-fiction style del grande Luis Royo, artista più volte usato dalla band
per le covers),accompagnato da voci narranti fuori campo che saranno presenti
in vari brani e che ci danno informazioni insieme a ciò che è scritto e narrato
nel booklet sullo svolgersi di una storia che basicamente è una storia d’amore
impossibile tra due giovani implicati in faccende “pericolose”(il ragazzo è un
giovane programmatore di computer in una megalopoli,la Babylon del titolo,che è
stata costruita sotto una cupola che la protegge dalle radiazioni presenti sul
pianeta Terra,qualcosa che ricorda un po’ lo scenario del bistrattato ma a
tratti affascinante”Highlander II”)che hanno a che fare con corporazioni che si
occupano di cibernetica,di realtà virtuali e affini(finirà col programmare la
memoria della sua amata che morirà nel finale).I cori sono celestiali e
affascinanti e la cura delle melodie e dei riff è sempre di prim’ordine.”Barricade”è
un classic heavy-rock da stadio alla Sabbath era Martin e Whitesnake
versione”1987”(album e band molto amata da Hughes & soci)pieno di grinta e
energia.Seguono la solare”Give in this Life”piena di melodie spensierate ma
nient’affatto banali,la sensuale, atmosferica e fascinosa”Love Became the
Law”,graziata da un’interpretazione superlativa di un Hughes al meglio delle
sue possibilità espressive e la
anthemica “The Heat”,prova della classe superiore di Hughes & soci e a completare una quadrilogia AOR da infarto c’è
la super ballatona “Silent Rain”,pregna di un romanticismo per niente
edulcorato,ma anzi sentito,verace e vivo.Segue una triade di songs a tinte più
hard con la neo-classica ”Timeless”,ancora un’ulteriore dimostrazione della
capacità di Hughes di comporre melodie e armonie dello stampo più nobile
citando anche il nostro Dante e il suo famoso”Inferno”,la notturna e
iper-melodica”Black Hearted Woman”con un ritornello davvero vincente e la
possente”Thunder in Heaven”,forse la song più heavy scritta da Hughes con una
intro quasi alla Metallica e un ritornello epico degno dei migliori Rainbow con
il suo sapore quasi seventies donato dalle tastiere simil analogiche del grande
Don Airey(un preludio alla sua entrata nei Deep Purple al posto del compianto
John Lord). Emblematica e molto fine la
figura retorica e diremo alchemica dell’ ”Oro Tecnologico”,il fine ultimo della
Scienza e del suo progresso che però può trasformarsi paradossalmente nel suo
opposto.
Il drammatico
finale è affidato alla power-ballad”Valentine”che presenta un crescendo da brivido
e colmo di pathos genuino,un brano che chiude con un’ombra di malinconica
visione futuristica,ma che in realtà ci mostra come Passato,Presente &
Futuro siano solo un’illusione e che tutto converga in un Tempo
Superiore,l’Eternità:anche l’hard’n’heavy ottantiano qui così ben rappresentato
e quasi superato/sublimato nelle intenzioni di fondo più autoriali,diviene
eterno,fuori dal tempo,come ogni vera manifestazione artistica deve essere.
Antonio
Giorgio
Altri Ascolti:"X"/"The Name of the Rose"/"The Robe"/Spellbound"/"Stormwarning"/"Albion"
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