Black Sabbath “Headless
Cross” (1989 I.R.S.)
Probabilmente il
picco(con l’epico”Tyr”) dell’era Martin dei Sabbath capitanati all’epoca sia
dall’inossidabile Tony Iommi che dalla new entry di prestigio,uno dei più
grandi batteristi mai esistiti,ossia Cozy Powell. Infatti il grande drummer si
occupò(come sul successivo e epico”Tyr”)della produzione insieme al carismatico
chitarrista.Non da meno comunque l’importanza che riveste in questo “True
Sabbath”album la fantastica e potentissima voce di Tony”the Cat”Martin,capace
qui non solo di rievocare il miglior Ronnie James Dio ma anche di andare oltre
con un’elasticità vocale superiore ad ogni altro vocalist che i Sabbath hanno mai
avuto(eccezion fatta forse per il compianto Ray Gillen e per la”The Voice of
Rock”Glenn Hughes,straordinaria sul sottovalutato”Seventh Star”che ad ogni modo
sarebbe stato più giusto far uscire come album solista del signor Iommi)e una
fantasia lirica davvero notevole e perfettamente adatta al substrato
Epico-Gotico dei Sabbath.La title-track dopo una suggestiva intro
atmosferica(“Gates of Hell”composta dal quinto membro occulto,il tastierista,polistrumentista
e ex-chitarrista dei Quartz Geoff Nicholls) che idealmente si riallaccia
all’amatissima scultura di Rodin “La Porta dell’Inferno”amatatissima da Tony
Iommi(amore del talentuoso chitarrista già espresso nella magnifica cover
artistica di”The Eternal Idol”che appunto riproduceva fotograficamente il
capolavoro scultoreo di Rodin”L’Idolo Eterno”),irrompe con un
semplice,riconoscibilissimo e efficacissimo tempo di batteria che introduce
Powell nel mondo notturno non privo di luce dei Sabbath,supportato dall’abilità
sconcertante di Iommi di scrivere riffs sempre significativi e memorabili;appena
entra Martin sembra di risentire il cantante italo-americano Ronald Padovana,ma
presto ci accorgiamo che la voce di Martin ha un suo stile riconoscibile e
riesce ad andare anche al di là della già grandiosa voce del famoso predecessore.Liriche
che dipingono scenari orrorifici degni di Stephen King,con storie di piccoli
villaggi inglesi che nascondono segreti inaspettati e insondabili.Infatti i
testi di”Headless Cross”sono ispirati ad un paesino realmente esistente
chiamato con lo stesso nome e ricco di leggende oscure di cui Martin si fa
cantore provenendo da quelle terre sconosciute dell’entroterra inglese.”Devil
& Daughter”è più epica e come l’altra ricca di tastiere tipicamente
ottantiane con un Powell sempre sugli scudi con il suo terremotante drumming
che riporta alla mente anche il suo passato nei Rainbow del
capolavoro”Rising”.Martin è ancora più sorprendente discostandosi dal paragone
per lui inizialmente un po’ asfissiante con R.J.Dio e si avvicina alla
duttilità vocale di Glenn Hughes o alle profonde timbriche calde di un
Coverdale e Iommi sembra rimembrare nelle melodie del suo fraseggio i
conterranei Maiden e addirittura si prodiga all’interno di un tempo progressivo
centrale in un bel assolo di tapping memore del suo amico Eddie Van Halen.C’è
molta carne al fuoco in questi nuovi Sabbath perfettamente calati nel periodo
d’oro del Metal,ossia gli anni ottanta con tanto di suoni riverberati e pieni
di spazialità epica.La susseguente “When Death Calls”è un capolavoro
Epic/Horror di rara bellezza evocativa,una lunga cavalcata(attorno ai sette
minuti)ricca di atmosfera nella prima parte con melanconici arpeggi pregni di
riflessioni esistenziali sulla caducità dell’esistenza e di potenza nella
seconda parte che con i tipici cambi di tempo di Iommi,mai come qui
perfettamente inseriti a dovere al servizio della forma canzone con
la”C”maiuscola:la definitiva maturità e evoluzione del Sabbath Sound per chi
scrive,poi compromessa fino ai nostri giorni con il ritorno nient’affatto
convincente a vecchie formule superate dell’era Ozzy,incapace di evoluzioni
vocali di alcun tipo come i suoi successori hanno dimostrato in lungo e in
largo.I testi hanno per protagonista la Mietitrice qui sia spietata che pietosa
in un affresco gotico degno de”Il Settimo Sigillo”di Bergman o del nostro
fumetto cult Dylan Dog di Tiziano Sclavi.Dopo questo capolavoro si torna più
alla normalità con songs che testimoniano l’evoluzione del Sabbath Sound in
forme più moderne e tipicamente Heavy-Metal con songs melodiche ma sempre
ricche di sorprese ritmiche e vocali come “Kill in the Spirit World”(con uno
dei migliori assoli mai eseguiti da Sir Tony Iommi e uno stacco melodico e
pieno da pathos da brividi)&”Call of the Wild”(vicina per certi versi al
riff di”No Easy Way Out”di Robert Tepper dal mitico”Rocky IV”di Stallone) la
bluesy-power “Black Moon”(già sentita come b-side su”The Shining”da”The Eternal
Idol”,ma piuttosto diversa nell’arrangiamento)che mischia abilmente Whitesnake
sound a tempi di batteria vicini a quello che sarà il power-metal europeo negli
anni ’90 per quanto assai lontano come melodie essendo sempre notturne e
lunari. Iommi si rivela sempre più ispirato attraverso tessiture e tecniche al
passo con i tempi supportate dalle sue solite architetture goticheggianti e
ricche di crescendo.In tal senso la seguente e nuovamente Epica-Gotica”Nightwing”chiude
l’album con nuovi cambi di tempo che irrompono con riff travolgenti dopo una
prima parte arpeggiata e ricca di atmosfere malinconiche ma sempre virili e mai
dome. In definitiva un album Sabbath al 100% che si posiziona accanto agli
altri due capolavori della lunga e variopinta discografia di Iommi &
soci,ossia”Sabbath Bloody Sabbath”&”Heaven & Hell”e senza sfigurare di
fronte ad essi,anzi sorpassandoli in alcuni spunti e innovazioni.
Antonio Giorgio
Altri ascolti:”Black
Sabbath”/”Paranoid”/”Sabbath Bloody Sabbath”/”Sabotage”/”Heaven & Hell”/”Mob
Rules”/Seventh Star/”The Eternal Idol”/”Tyr”/”Dehumanizer”/”Cross Purposes”
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