sabato 22 agosto 2015

Black Sabbath “Headless Cross” (1989 I.R.S.)
Probabilmente il picco(con l’epico”Tyr”) dell’era Martin dei Sabbath capitanati all’epoca sia dall’inossidabile Tony Iommi che dalla new entry di prestigio,uno dei più grandi batteristi mai esistiti,ossia Cozy Powell. Infatti il grande drummer si occupò(come sul successivo e epico”Tyr”)della produzione insieme al carismatico chitarrista.Non da meno comunque l’importanza che riveste in questo “True Sabbath”album la fantastica e potentissima voce di Tony”the Cat”Martin,capace qui non solo di rievocare il miglior Ronnie James Dio ma anche di andare oltre con un’elasticità vocale superiore ad ogni altro vocalist che i Sabbath hanno mai avuto(eccezion fatta forse per il compianto Ray Gillen e per la”The Voice of Rock”Glenn Hughes,straordinaria sul sottovalutato”Seventh Star”che ad ogni modo sarebbe stato più giusto far uscire come album solista del signor Iommi)e una fantasia lirica davvero notevole e perfettamente adatta al substrato Epico-Gotico dei Sabbath.La title-track dopo una suggestiva intro atmosferica(“Gates of Hell”composta dal quinto membro occulto,il tastierista,polistrumentista e ex-chitarrista dei Quartz Geoff Nicholls) che idealmente si riallaccia all’amatissima scultura di Rodin “La Porta dell’Inferno”amatatissima da Tony Iommi(amore del talentuoso chitarrista già espresso nella magnifica cover artistica di”The Eternal Idol”che appunto riproduceva fotograficamente il capolavoro scultoreo di Rodin”L’Idolo Eterno”),irrompe con un semplice,riconoscibilissimo e efficacissimo tempo di batteria che introduce Powell nel mondo notturno non privo di luce dei Sabbath,supportato dall’abilità sconcertante di Iommi di scrivere riffs sempre significativi e memorabili;appena entra Martin sembra di risentire il cantante italo-americano Ronald Padovana,ma presto ci accorgiamo che la voce di Martin ha un suo stile riconoscibile e riesce ad andare anche al di là della già grandiosa voce del famoso predecessore.Liriche che dipingono scenari orrorifici degni di Stephen King,con storie di piccoli villaggi inglesi che nascondono segreti inaspettati e insondabili.Infatti i testi di”Headless Cross”sono ispirati ad un paesino realmente esistente chiamato con lo stesso nome e ricco di leggende oscure di cui Martin si fa cantore provenendo da quelle terre sconosciute dell’entroterra inglese.”Devil & Daughter”è più epica e come l’altra ricca di tastiere tipicamente ottantiane con un Powell sempre sugli scudi con il suo terremotante drumming che riporta alla mente anche il suo passato nei Rainbow del capolavoro”Rising”.Martin è ancora più sorprendente discostandosi dal paragone per lui inizialmente un po’ asfissiante con R.J.Dio e si avvicina alla duttilità vocale di Glenn Hughes o alle profonde timbriche calde di un Coverdale e Iommi sembra rimembrare nelle melodie del suo fraseggio i conterranei Maiden e addirittura si prodiga all’interno di un tempo progressivo centrale in un bel assolo di tapping memore del suo amico Eddie Van Halen.C’è molta carne al fuoco in questi nuovi Sabbath perfettamente calati nel periodo d’oro del Metal,ossia gli anni ottanta con tanto di suoni riverberati e pieni di spazialità epica.La susseguente “When Death Calls”è un capolavoro Epic/Horror di rara bellezza evocativa,una lunga cavalcata(attorno ai sette minuti)ricca di atmosfera nella prima parte con melanconici arpeggi pregni di riflessioni esistenziali sulla caducità dell’esistenza e di potenza nella seconda parte che con i tipici cambi di tempo di Iommi,mai come qui perfettamente inseriti a dovere al servizio della forma canzone con la”C”maiuscola:la definitiva maturità e evoluzione del Sabbath Sound per chi scrive,poi compromessa fino ai nostri giorni con il ritorno nient’affatto convincente a vecchie formule superate dell’era Ozzy,incapace di evoluzioni vocali di alcun tipo come i suoi successori hanno dimostrato in lungo e in largo.I testi hanno per protagonista la Mietitrice qui sia spietata che pietosa in un affresco gotico degno de”Il Settimo Sigillo”di Bergman o del nostro fumetto cult Dylan Dog di Tiziano Sclavi.Dopo questo capolavoro si torna più alla normalità con songs che testimoniano l’evoluzione del Sabbath Sound in forme più moderne e tipicamente Heavy-Metal con songs melodiche ma sempre ricche di sorprese ritmiche e vocali come “Kill in the Spirit World”(con uno dei migliori assoli mai eseguiti da Sir Tony Iommi e uno stacco melodico e pieno da pathos da brividi)&”Call of the Wild”(vicina per certi versi al riff di”No Easy Way Out”di Robert Tepper dal mitico”Rocky IV”di Stallone) la bluesy-power “Black Moon”(già sentita come b-side su”The Shining”da”The Eternal Idol”,ma piuttosto diversa nell’arrangiamento)che mischia abilmente Whitesnake sound a tempi di batteria vicini a quello che sarà il power-metal europeo negli anni ’90 per quanto assai lontano come melodie essendo sempre notturne e lunari. Iommi si rivela sempre più ispirato attraverso tessiture e tecniche al passo con i tempi supportate dalle sue solite architetture goticheggianti e ricche di crescendo.In tal senso la seguente e nuovamente Epica-Gotica”Nightwing”chiude l’album con nuovi cambi di tempo che irrompono con riff travolgenti dopo una prima parte arpeggiata e ricca di atmosfere malinconiche ma sempre virili e mai dome. In definitiva un album Sabbath al 100% che si posiziona accanto agli altri due capolavori della lunga e variopinta discografia di Iommi & soci,ossia”Sabbath Bloody Sabbath”&”Heaven & Hell”e senza sfigurare di fronte ad essi,anzi sorpassandoli in alcuni spunti e innovazioni.
                                                                                                Antonio Giorgio

Altri ascolti:”Black Sabbath”/”Paranoid”/”Sabbath Bloody Sabbath”/”Sabotage”/”Heaven & Hell”/”Mob Rules”/Seventh Star/”The Eternal Idol”/”Tyr”/”Dehumanizer”/”Cross Purposes”

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