domenica 23 agosto 2015

Kamelot “Epica/THE BLACK HALO(2003 Noise/2005 spv)
Correva l’anno 2003 e in gennaio venne dato alle stampe quello che molto probabilmente rimarrà il capolavoro dei Kamelot di una saga non totalmente espressa nel secondo capitolo e di più grande successo di pubblico e di critica“The Black Halo”,che pero’ pur essendo un lavoro magistrale ha lasciato il sottoscritto con l’amaro in bocca per via della conclusione di un concept che meritava un maggiore approfondimento nella tematica centrale del luogo fisico/spirituale chiamato “Epica” appunto,che il personaggio principale Ariel avrebbe dovuto visitare nel secondo capitolo come descritto dai membri nelle liner-notes della Noise(gloriosa label tedesca) che accompagnavano l’uscita dell’album.
Nulla di tutto cio’ in “TBH”(usicito per la concorrente SPV)ed è un peccato perché l’idea di un Epic-Center(Epicentro) dell’Universo chiamato Epica era tutt’altro che malvagia e era l’idea maggiormente originale che li allontanava dal plot ispirato in parte al capolavoro di Goethe,ossia il “Faust”che sta alla base di “Epica”.
Infatti abbiamo il protagonista Ariel che è un moderno Faust alla ricerca di risposte ai grandi Enigmi dell’Esistenza che né la Scienza e né la Religione sono state in grado di donargli(l’epica opener“Center of the Universe”).
Tagliando tutti i ponti con il passato e con i suoi cari inizia un Viaggio alla ricerca dell’Ultima Verità(la magniloquente powerprog song”Farewell”) e dopo aver provato anche droghe e altre esperienze estreme(l’esotica/gotica “Edge of Paradise”),sull’orlo della depressione totale ha la “Visione”di un femmineo & seducente Mefistofele(l’ipnotica e teatrale power-black song”Descent of the Archangel” con l’ottimo assolo nella parte inziale di Luca Turilli dei cugini Rhapsody) che gli propone il classico e maledetto patto di vendita della propria Anima in cambio di Potere,Ricchezze e Piaceri Materiali,che però ben presto capirà non sufficienti a placare la sua brama di conoscenza(la diabolica e cieca euforia senza redenzione nella magnificente”A Feast in Vain”) e che inoltre procureranno l’allontanamento dalla sua amata Helena,il suo amore eterno dai tempi  dell’adolescenza(“Wander”,ballad sognante e malinconica inarrivabile),     che aveva appena riconquistato a sorpresa in una freddissima notte invernale(la struggente seconda ballad jazzy del disco”On the Coldest Winter’s Night”) e dalla quale avrà un figlio che non nascerà(momento di alta tensione  erotica ma anche sentimentale   con il Tango/Metal di”Lost & Damned”preceduta dalla struggente ballad quasi jazzy”On the Coldest Winter’s Night”),poiché lei si suiciderà gettandosi nel fiume come la Ofelia di shakespeariana memoria(la teatrale “Helena’s Theme),uccidendo con sé il loro bambino non nato.
Colto dal rimorso e dalla colpa di quanto accaduto a Helena,Ariel comincerà un viaggio a ritroso,dall’esterno sempre più dentro di sé alla ricerca della Redenzione dei suoi peccati(l’incredibile Symphonic/Doom/Celtic“The Mourning After(Carry On)”,in bilico tra Speranza e Disperazione).Cosa poi descritta con dovizia di particolari in “TBH”,ma senza giungere in nessun luogo chiamato Epica(il luogo immateriale dove sogni,speranze,visioni,pensieri,hanno origine,la nostra Mente,come accennato in “Center of the Universe”).
Peccato!
Infatti l’album si chiude con la progressiva “III Ways to Epica”(con parti in 5/4,segnatura usata spesso dai Kamelot),song che nelle sue”strade”si riferiva ai  tre personaggi principali di”Epica”,ossia Mefistofele,rappresentante del Male,
Helena ora morta e divenuta Angelo e rappresentante del Bene & Ariel,da qualche parte nel mezzo e in cerca ancora di risposte,ma si riferiva anche alle tre strade percorse dal gruppo per presentare l’album e eventualmente a tre capitoli che potevano far parte della saga.
Alla fine i capitoli sono rimasti due come nel”Faust”di Goethe,ma per maggiore originalità una trilogia sarebbe stata forse l’ideale.
In ogni caso l’album è magnifico,una pietra miliare dell’Epic Symphonic Power Metal,l’alba probabilmente di un nuovo modo di concepire il Melodic Metal(l’annuncio pubblicitario della Noise era:”La Nuova Dimensione del Melodic Metal”)& per certi versi anche l’Epic Metal,non come campo di battaglie esteriori ma puramente interiori,senza né guerre,spade e dragoni ma con demoni,ricerche del Sacro Graal individuale e del Vero Amore,il tutto celebrando epicamente l’Esistenza in quanto possibilità di Grandi Passioni e Visioni oltre il mondo  e il velo ingannevole dei cinque sensi,una forma più intima & profonda di “epicità”.
Tutti i brani sono importanti in questo concept andando a formare un unicum,non ce n’è uno più importante di altri(a differenza di”TBH”che ha avuto i suoi hits a discapito di altri brani non da meno,ma qui è chiara l’impostazione più commerciale di questo controverso seppur ottimo sequel che ad ogni modo trova notevoli momenti di intensità nella ultra-orchestrata,mistica e urbana”Soul Society”e nella lunga e acclamata”Memento Mori”o nella powerprog e gregoriana totle-track)e dipingono una Storia che travalica i concetti di Tempo & Spazio(infatti non ci sono riferimenti precisi dal punto di vista geografico/temporale di quando e dove stia accadendo la Storia,puo’ essere tanto il passato,quanto il presente o addirittura il futuro)e  soprattutto porta l’ascoltatore in una Dimensione Altra che è qui ma anche altrove.
Un lavoro davvero ambizioso e riuscito,a mio modesto modo di vedere non più superato o eguagliato dai quattro di Tampa,anche se “TBH”rimane un gran sequel,ma è pur sempre tale,l’originale è “Epica”,peccato che molti non sanno nemmeno che si tratti del primo capitolo della saga.

                                                                                                    Antonio Giorgio

Altri Ascolti:”Eternity”,“The Fourth Legacy”,”Karma”, Ghost Opera” & “One Cold Winter’s Night”







Virgin Steele “The Marriage of Heaven & Hell Part One & Part Two” (1994/1995 T&T/Noise Records)

Questo doppio album è un vero e proprio manifesto dell’Epic-Metal più Vero e Ispirato e dall’impatto sia Romantico che Barbarico,anzi Barbaric-Romantic come ama definirlo DeFeis stesso.Una Saga non basata su un’unica storia(che troverà sviluppo nel successivo e più ”Espressionista” “Invictus”traendo spunto da una mini-storia che collega alcune songs dei 2 Marriage),ma su tante storie Epiche e Mitologiche che trovano connessione nel rapporto diretto e interconnesso di Bene & Male,Cielo & Inferno,Uomo & Donna,Dio & Uomo,trovando soluzione in un’Unione,anzi un Matrimonio che solo in parte si ricollega e involontariamente al famoso”The Marriage of Heaven & Hell”del Geniale Bardo William Blake(il titolo non fu ispirato al poema blakiano,è una coincidenza,ma il batterista della band,Girlchriest,fece notare a Defeis che il nome era lo stesso di quel poema.Questo stando alle parole di Defeis,che a dire il vero non sempre convincono al100%,soprattutto   se pensiamo al trattamento subito dal vero fondatore dei Virgin Steele,ossia il povero e sfortunato Jack Starr)per via della forte componente filosofica dell’aspetto concettuale dell’Opera.Basta vedere le covers per notare nella prima Lucifero & Eva che si “uniscono” e nella seconda c’è il frutto(il bambino)della loro Unione quasi blasfema per la morale religiosa corrente,ma non certo per chi ha un’Immaginazione libera da condizionamenti. Canzoni come “I Will Come for You”,”Emalaith”,”Victory is Mine”,”Crown of Glory”,”Prometheus(The Fallen One)”, ”Devil/Angel”,”Blood & Gasoline”sono entrate nella storia della band e del (Golden)Metal,così piene di suggestioniEpiche,Romantiche, Filosofiche e Mistiche,ma dall’ impatto devastante e molto”terreno”come solo i VS sanno fare,infatti DeFeis & company hanno sviluppato uno stile che pur facendo sognare a occhi aperti risulta sempre molto concreto & lontano mille miglia dalle pomposità esagerate e evanescenti di molte Power bands nate negli anni novanta.Infatti difficile definire il loro sound Power,il termine Epic è d’obbligo & molto più significativo di bands come Manowar che rischiano talvolta(o spesso) di diventare la parodia di loro stessi (pur essendo una band fondamentale per il genere),Epic condito piacevolmente di umori bluesy,AOR e Class-Metal,a volte Dark,Gothic,jazzy,ma soprattutto sinfonici,provenienti da Compositori come Wagner,Liszt e Debussy(più negli albums successivi a dire il vero,visto l’utilizzo di armonie”impressioniste”),senza dimenticare grandi classici come Black Sabbath,Iron Maiden, Queen, Led Zeppelin e talvolta anche gli stessi Manowar nobilitati dalla classe & dalla maestria colta & ispirata dei VS.Oltre Blake(in particolare nel secondo capitolo),vengono citati & rielaborati in ottica Epic anche Baudelaire,Byron,Shelley e tutta la Scuola Romantica,Simbolista e talvolta anche Decadente.Fate vostro questo doppio album e vi si schiuderà un’altra dimensione e un modo differente d’intendere il Metal.La Nuova Età dell’Oro passa anche attraverso questi due capolavori. “Energy is Liberty!”  
                                                                   Antonio Giorgio
Altri Ascolti:”Noble Savage”,Age of Consent”(1997 Version),”Invictus”,”The House of Atreus I & II”,
”Visions of Eden”.

                                                                                  






                                       
                                                          

sabato 22 agosto 2015

Antonio Giorgio “Tales from Heaven & Hell” (2014-GMK/Independence Records)
A distanza di quasi due anni,ritorna il singer campano Antonio Giorgio,nuovamente con un album di covers,ma sicuramente più curato e professionale di quel”Past Present Future”in cui erano presenti alcune registrazioni non perfette.Ricordando che il nostro è stato ad un passo dal prendere il posto di Roy Khan dei Kamelot(i brani del provino vengono qui riproposti),sappiamo come è impostata la voce di questo artista che,in fase di presentazione, dimostra anche un notevole interesse per letteratura e giornalismo musicale,quindi siamo di fronte ad un singer dalla voce calda e potente,giusta per interpretare brani di Black Sabbath Dio-era con”Heaven & Hell”e Martin-era con”I Witness”,Dream Theater con”The Silent Man”,Conception e Kamelot con diversi brani,Bruce Dickinson con la commovente”Tears of the Dragon”ed infine Virgin Steele con”I Will Come for You”,quest’ultima registrata assieme ai Dreamsteel per il Tributo Ufficiale alla band di David Defeis di prossima uscita (a nome”By the Gods-A Noble Tribute to Virgin Steele”).A dir la verità un po’ in sottotono l’interpretazione di”The Mission”(per chi scrive il brano più ostico e migliore come performance-ndr)dei Queensryche,ma è anche vero che cimentarsi con”quel”Geoff Tate non era affatto facile.Beh,le capacità di Antonio sono evidenti e lui ne usufruirà anche nel prossimo futuro con un album di brani inediti insieme a dei musicisti provenienti da altre bands(tra cui gli emiliani Fogalord e i romani Astral Domine)dove lui,deus ex-machina del songwriting e leader del progetto,ha chiamato Antonio Giorgio’s Emerald Table oltre al progetto solista,che aspettiamo per poter finalmente apprezzare anche la farina del suo sacco, visto che in quello degli altri ci sguazza benissimo,considerate le sue doti vocali!
L’album è autoprodotto sotto il marchio della GMK(Golden Metal Kingdom)con il supporto(più morale che materiale)della Independence Records di Riccardo Scaramelli,piccola etichetta indipendente che ha già fatto uscire lavori nel campo dell’AOR più vigoroso e metallico.Va citato infine il chitarrista e bassista Piero Sanacore che ha suonato su ben sette brani(gli altri quattro sono suonati da Mike Pelillo degli Unripes,Street/Glam-Metal band e ottimo fonico e arrangiatore presso i Dreamforge Sounds di Modena,nonché insegnante della MMI di Alex Stornello)e ha curato il mixing insieme ad Antonio ed ha svolto un ottimo e originale lavoro di arrangiamento e esecuzione.
         Giorgio Barbieri(“Metal Maniac”Dicembre 2014)        

                                                                                       Voto 8/10
             



Dream Theater “Images and Words”(1992 Atco)
Il Prog-Metal conobbe con questo insuperabile(dagli stessi creatori)capolavoro il suo Massimo splendore. Impossibile pensare di fare di meglio in questo campo,i Dream Theater hanno toccato con quest’album vette stratosferiche d’immane bellezza scultorea e magmatica allo stesso tempo. Ogni tassello musicale è finemente e precisamente scolpito e allo stesso tempo tutto è cangiante ed in continua evoluzione e trasformazione:ogni atmosfera rivela sempre una doppia natura,a tratti esultante e incontenibilmente gioiosa,a tratti malinconica e struggente,ma sempre tratteggiata con grandi ricchezza di mezzi e di espressione limpida e euforica.
“Pull Me Under”è uno dei più spumeggianti e iper-tecnici brani di Progressive Metal Melodico ed Epicheggiante mai scritti:un pathos senza eguali,una perizia tecnico/strumentale da brividi,una carica esplosiva e drammatica a dir poco magniloquente e melodie sempre mutevoli ed in continuo crescendo emotivo e psicologico. Di per sé già un piccolo capolavoro che introduce con i suoi otto minuti e passa di pura solennità a quello che troveremo all’interno di questi magici solchi”digitali”,eppure capaci di scaldare fino ad infiammarlo il cuore dell’ascoltatore ignaro delle meraviglie che di lì a poco si succederanno senza sosta in una corsa forsennata solo a tratti più meditativa e rilassante,fino all’epico epilogo di”Learning to Live”,brano a dir poco suggestivo e summa dell’incredibile sapere e versatilità di questi cinque ragazzi,la maggior parte dei quali provenienti dalla prestigiosa Berkeley College,dove hanno imparato i fondamenti della Classica e del Jazz/Fusion che hanno applicato alla loro personale e ribelle conoscenza/amore per il Metal e il Rock Progressivo,creando qualcosa di unico e profondamente riconoscibile ed imitato maldestramente ed inutilmente da tanti epigoni senza la stessa grandeur ed ispirazione.     Quest’album è una vera e propria lezione di quali altri illimitate possibilità tecnico/compositive il Metal possiede e di come possano essere abbattute altre porte che chiudono ad una continua evoluzione dello stesso verso altri inesplorati lidi.  
Qualcuno dirà che i Dream Theater sono una band troppo barocca,troppo tecnica,troppo passionale,troppo tutto, ma la realtà è che ci troviamo signori senza alcuna ombra di dubbio davanti alla più grande band del mondo(non solo per il Metal!) dal punto di vista tecnico/strumentale ed individuale/vurtuosistico:ogni membro in questa band è un maestro nel suo campo,un esploratore che continua a superare continuamente i propri limiti e a cercare nuove strade da percorrere pur mantenendo alta una certa capacità comunicativa e sentimentale(senza mai scadere nel puro sentimentalismo stucchevole)tutt’altro che trascurabile.Davvero questa band è in grado di suonare qualsiasi stile o opera musicale.Lo stile di Petrucci e Portnoy ha fatto scuola,gli altri membri altrettanto a partire dal canadese James Labrie con un timbro non così distante da Geddy Lee dei maestri canadesi Rush(veri numi ispiratori di Petrucci & c.), forse l’elemento più commerciale e comunicativo nella band con la sua bella voce piena di sentimento e di estetismo che a volte può apparire un po’melensa,ma sicuramente è stata il tratto distintivo e qualitativo che   ha permesso alla band di fare il grande salto essendo subentrato proprio in questo album al buono ma anonimo ed inefficace Charles Dominici,incapace di interpretare con accenti metallici e simil-operistici le immani partiture di Petrucci e soci nel comunque imprescindibile debutto”When the Dream & Day United”,album che ha timidamente aperto una nuova dimensione nel Metal nel lontano 1989,anno ricco di episodi storici fondamentali per la modernità metallica e non.
Il perno centrale dell’album è sicuramente la mistica e futuristica “Metropolis Part 1-The Miracle & the Sleeper”,undici minuti di assoluta pomposità progressiva mai fuori luogo,con i suoi crescendo epici di ebanea melodia spaziale,una cavalcata al di fuori del tempo e dello spazio alla ricerca della verità ultima dell’esistenza umana che si snoda attraverso misteri imperscrutabili e deja-vu di qualcosa che pare esserci eternamente,in una Danza senza sosta che pulsa attraverso storie di Amori eternamente Perduti e Ritrovati che paiono superare anche la Morte stessa.
“Metropolis Part 2-Scenes from a Memory”non riuscirà nell’intento di reggere il confronto con questa suite di profonda  e compiuta bellezza.Vincono gli undici misteriosi e irrisolti minuti contro i settanta del quasi forzato sequel(il mistero è bello in quanto tale,quando non viene troppo spiegato).  Se un difetto bisogna trovare in questa band è talvolta la mancanza di sintesi,la serena grandezza che donna la grande semplicità,ma a fronte di tortuosi,freddi e confusionari esperimenti  di altre bands e artisti solisti che possono essere considerati meri e vuoti esercizi di stile,la band americana ha saputo sempre regalare momenti di grande e incontaminato Pathos Metallico,anche nei suoi momenti più bui e non è cosa da poco conto.
                                                                                       Antonio Giorgio              
Altri ascolti:”When Dream & Day United”,”Awake”, “Scenes from a Memory”, ”Octavarium”, ”A Dramatic Turns of the Events”,”Dream Theater”&”Score”                                      




Queensryche “Operation:Mindcrime”(1988 Capitol/Emi Records)
Uno dei capolavori massimi del Metal in senso stretto e non solo,del Rock in generale.Definito non a torto il”The Wall”dell’Heavy-Metal,il concept-album visionario messo su da Tate & soci è a tutti gli effetti ciò che avrebbero potuto fare i Pink Floyd se fossero nati negli anni ottanta suonando Metal e se fossero stati americani.Paragoni a parte i ‘ryche di Seattle sono stati capaci di creare un’opera concettuale immortale capace di rappresentare il presente ma anche di proiettarsi nel futuro(non è un caso che il non esaltante sequel sia combaciato con un’altra era Bush dopo quella post-reaganiana del periodo in cui fu pubblicato l’originale)con elementi di fanta-politica e thriller spionistico e dispotico degno dell’Alan Moore di”V for Vendetta”(non a caso altra opera ottantina parallela),in particolare con la creazione del malvagio e diabolicamente geniale Dottor X(ben interpretato in uno dei pochi momenti memorabili della seconda parte dal grande R.J.Dio)e con la struggente creazione della suora ex-prostituta Sister Mary,ispirata ad una ragazza vista da Tate in un club olandese durante la tourneè del grandioso predecessore”Rage for Order”,ragazza che ballava stringendo al proprio petto un orsacchiotto e vestita da suora.Anche l’elemento gotico/mistico dell’album è ispirato ad un fatto reale,ossia la visita del visionario e talentuosissimo singer di una chiesa di Seattle in pieno inverno con tanto di neve copiosa che scendeva dal cielo,visita in cerca di risposte che si tramutò nell’idea di fondo del concept poi esposto da Tate ai compagni di avventura. Un album quindi nato sotto una luce diversa dai predecessori e capace di tramutare in musica l’angoscia e la disperazione di una nazione leader in ogni campo ma anche vittima dei propri vizi,abusi e corruzioni a più livelli e soprattutto in grado di metter in luce il potere potenzialmente eversivo dei mass-media,capaci di manipolare e assuefare menti e cuori senza spina dorsale e carattere,da cui forse solo alcune minoranze come la nostra popolazione metallica ad esempio,riescono a salvaguardarsi e cercare vie”alternative”e ugualmente significative con la creazione di siffatte opere d’Arte. Art-Metal è forse un’etichetta più appropriata anziché l’inflazionato e limitante per certi versi “Prog-Metal”. Inutile andare a sezionare l’album,poiché va ascoltato da cima a fondo come un unicum,un’unica grande canzone o sinfonia/opera  metallica che racconta momento per momento la caduta,la redenzione e la sconfitta finale di Nikki,anti-eroe moderno ricco di contraddizioni e debolezze(la sua assuefazione alla droga e all’eroina in particolare)che anticipano anche la disperazione esistenziale delle future bands di Seattle,ossia quel movimento grunge che si mostrerà essere solo una meteora al contrario del Vero Metal di bands di confine come i Queensryche,capaci solo negli ultimi tempi di risorgere dalle proprie ceneri come una fenice grazie al buon Todd LaTorre,capace di riportali nei giusti binari metallici dopo le sterili sperimentazioni tatiane,singer di talento immenso ma anche capace di perdere il senso della propria vena creativa metallica in favore di sonorità eclettiche più discutibili e prive di pathos,quel pathos che il grande Metal riesce a trasmettere con potenza di significato e segno che qui trova espressione massima,in particolare in songs eterne come la mistica”The Mission”,la suite operistica e gotica graziata dall’incredibile voce di Pamela”Sister Maty”Moore e la conclusiva e drammaticissima “Eyes of a Stranger”,pregna di epicità evocativa e pathos tragico degna di un Teatro Greco e colma di crescendo e incredibili vocalizzi di Tate al top della maturità e potenza vocale,senza dimenticare l’altro renegade,il fido Chris DeGarmo,un’altra mina vagante del mondo metallico,troppo instabile psicologicamente per restare e dare altre perle dorate al nostro amato”movimento artistico”.Lode quindi ai vari Wilton,Rockenfield & Jackson per avere tenuto in piedi questa creatura cercando di rinnovarla con la dolorissima separazione dal carismatico Geoff Tate.
                                                                               Antonio Giorgio

Altri ascolti:”Rage for Order”/”Empire”/”Promised Land”/”Tribe”/”Queensryche”(2013)



           

Black Sabbath “Headless Cross” (1989 I.R.S.)
Probabilmente il picco(con l’epico”Tyr”) dell’era Martin dei Sabbath capitanati all’epoca sia dall’inossidabile Tony Iommi che dalla new entry di prestigio,uno dei più grandi batteristi mai esistiti,ossia Cozy Powell. Infatti il grande drummer si occupò(come sul successivo e epico”Tyr”)della produzione insieme al carismatico chitarrista.Non da meno comunque l’importanza che riveste in questo “True Sabbath”album la fantastica e potentissima voce di Tony”the Cat”Martin,capace qui non solo di rievocare il miglior Ronnie James Dio ma anche di andare oltre con un’elasticità vocale superiore ad ogni altro vocalist che i Sabbath hanno mai avuto(eccezion fatta forse per il compianto Ray Gillen e per la”The Voice of Rock”Glenn Hughes,straordinaria sul sottovalutato”Seventh Star”che ad ogni modo sarebbe stato più giusto far uscire come album solista del signor Iommi)e una fantasia lirica davvero notevole e perfettamente adatta al substrato Epico-Gotico dei Sabbath.La title-track dopo una suggestiva intro atmosferica(“Gates of Hell”composta dal quinto membro occulto,il tastierista,polistrumentista e ex-chitarrista dei Quartz Geoff Nicholls) che idealmente si riallaccia all’amatissima scultura di Rodin “La Porta dell’Inferno”amatatissima da Tony Iommi(amore del talentuoso chitarrista già espresso nella magnifica cover artistica di”The Eternal Idol”che appunto riproduceva fotograficamente il capolavoro scultoreo di Rodin”L’Idolo Eterno”),irrompe con un semplice,riconoscibilissimo e efficacissimo tempo di batteria che introduce Powell nel mondo notturno non privo di luce dei Sabbath,supportato dall’abilità sconcertante di Iommi di scrivere riffs sempre significativi e memorabili;appena entra Martin sembra di risentire il cantante italo-americano Ronald Padovana,ma presto ci accorgiamo che la voce di Martin ha un suo stile riconoscibile e riesce ad andare anche al di là della già grandiosa voce del famoso predecessore.Liriche che dipingono scenari orrorifici degni di Stephen King,con storie di piccoli villaggi inglesi che nascondono segreti inaspettati e insondabili.Infatti i testi di”Headless Cross”sono ispirati ad un paesino realmente esistente chiamato con lo stesso nome e ricco di leggende oscure di cui Martin si fa cantore provenendo da quelle terre sconosciute dell’entroterra inglese.”Devil & Daughter”è più epica e come l’altra ricca di tastiere tipicamente ottantiane con un Powell sempre sugli scudi con il suo terremotante drumming che riporta alla mente anche il suo passato nei Rainbow del capolavoro”Rising”.Martin è ancora più sorprendente discostandosi dal paragone per lui inizialmente un po’ asfissiante con R.J.Dio e si avvicina alla duttilità vocale di Glenn Hughes o alle profonde timbriche calde di un Coverdale e Iommi sembra rimembrare nelle melodie del suo fraseggio i conterranei Maiden e addirittura si prodiga all’interno di un tempo progressivo centrale in un bel assolo di tapping memore del suo amico Eddie Van Halen.C’è molta carne al fuoco in questi nuovi Sabbath perfettamente calati nel periodo d’oro del Metal,ossia gli anni ottanta con tanto di suoni riverberati e pieni di spazialità epica.La susseguente “When Death Calls”è un capolavoro Epic/Horror di rara bellezza evocativa,una lunga cavalcata(attorno ai sette minuti)ricca di atmosfera nella prima parte con melanconici arpeggi pregni di riflessioni esistenziali sulla caducità dell’esistenza e di potenza nella seconda parte che con i tipici cambi di tempo di Iommi,mai come qui perfettamente inseriti a dovere al servizio della forma canzone con la”C”maiuscola:la definitiva maturità e evoluzione del Sabbath Sound per chi scrive,poi compromessa fino ai nostri giorni con il ritorno nient’affatto convincente a vecchie formule superate dell’era Ozzy,incapace di evoluzioni vocali di alcun tipo come i suoi successori hanno dimostrato in lungo e in largo.I testi hanno per protagonista la Mietitrice qui sia spietata che pietosa in un affresco gotico degno de”Il Settimo Sigillo”di Bergman o del nostro fumetto cult Dylan Dog di Tiziano Sclavi.Dopo questo capolavoro si torna più alla normalità con songs che testimoniano l’evoluzione del Sabbath Sound in forme più moderne e tipicamente Heavy-Metal con songs melodiche ma sempre ricche di sorprese ritmiche e vocali come “Kill in the Spirit World”(con uno dei migliori assoli mai eseguiti da Sir Tony Iommi e uno stacco melodico e pieno da pathos da brividi)&”Call of the Wild”(vicina per certi versi al riff di”No Easy Way Out”di Robert Tepper dal mitico”Rocky IV”di Stallone) la bluesy-power “Black Moon”(già sentita come b-side su”The Shining”da”The Eternal Idol”,ma piuttosto diversa nell’arrangiamento)che mischia abilmente Whitesnake sound a tempi di batteria vicini a quello che sarà il power-metal europeo negli anni ’90 per quanto assai lontano come melodie essendo sempre notturne e lunari. Iommi si rivela sempre più ispirato attraverso tessiture e tecniche al passo con i tempi supportate dalle sue solite architetture goticheggianti e ricche di crescendo.In tal senso la seguente e nuovamente Epica-Gotica”Nightwing”chiude l’album con nuovi cambi di tempo che irrompono con riff travolgenti dopo una prima parte arpeggiata e ricca di atmosfere malinconiche ma sempre virili e mai dome. In definitiva un album Sabbath al 100% che si posiziona accanto agli altri due capolavori della lunga e variopinta discografia di Iommi & soci,ossia”Sabbath Bloody Sabbath”&”Heaven & Hell”e senza sfigurare di fronte ad essi,anzi sorpassandoli in alcuni spunti e innovazioni.
                                                                                                Antonio Giorgio

Altri ascolti:”Black Sabbath”/”Paranoid”/”Sabbath Bloody Sabbath”/”Sabotage”/”Heaven & Hell”/”Mob Rules”/Seventh Star/”The Eternal Idol”/”Tyr”/”Dehumanizer”/”Cross Purposes”